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Sulla scena mondiale, l'Europa non può permettersi di essere un semplice spettatore. Abbiamo bisogno di una "bussola strategica".

10.10.2021 — Blog dell'AR/VP — Si stanno verificando importanti cambiamenti geopolitici che mettono in discussione la capacità dell'Europa di difendere la propria visione e i propri interessi. Martedì scorso i leader europei hanno discusso la risposta possibile. Se vogliamo progredire non possiamo rimanere bloccati in dibattiti astratti e divisivi, ma dobbiamo passare all'azione. Stiamo preparando una "bussola strategica" che presenteremo a novembre e che definirà una serie di misure concrete nel settore della sicurezza e della difesa.

"Gli sviluppi geostrategici impongono all'Europa di agire. Dobbiamo concretizzare in azione la consapevolezza che l'Europa non può permettersi di essere un semplice spettatore."

 

In meno di un mese abbiamo assistito al ritiro dall'Afghanistan e all'annuncio dell'accordo AUKUS sulla difesa. Si tratta di eventi che hanno intensificato e accelerato il dibattito sul ruolo globale dell'Europa; organizzare una discussione tra i leader sulle ripercussioni e sulle scelte da operare è stata quindi la scelta giusta.

In occasione del Consiglio europeo informale ho sottolineato che, in linea di principio, sono possibili due orientamenti: il primo consiste nel mettere la testa sotto la sabbia, trovando giustificazioni per minimizzare l'importanza di determinati sviluppi geostrategici o per sostenere che riguardino solo alcuni Stati membri, il secondo nel prendere atto che si stanno verificando cambiamenti importanti che richiedono il nostro intervento se non vogliamo vivere in un ordine mondiale che non possiamo contribuire a plasmare.

Vi sono in effetti due grandi tendenze che ci interessano sempre più da vicino. In primo luogo vediamo reazioni più ferme rispetto alla maggiore importanza e assertività della Cina; l'accordo AUKUS ne è un buon esempio. In secondo luogo stiamo assistendo a una dinamica multipolare in cui soggetti come la Russia, tra gli altri, cercano di aumentare il proprio margine d'azione e la propria sfera d'influenza, a livello regionale o mondiale, molto spesso a discapito dei valori e degli interessi dell'UE, come avviene in Siria, in Libia, in Mali e altrove.

 

"Gli europei rischiano di diventare sempre più un oggetto e non un soggetto negli affari internazionali, reagendo alle decisioni di altri anziché guidare e plasmare gli eventi."

 

Il risultato è che oggi gli europei rischiano di diventare sempre più un oggetto e non un soggetto negli affari internazionali, reagendo alle decisioni di altri anziché guidare e plasmare gli eventi. La domanda è: che cosa vogliamo fare a riguardo? In quanto Unione europea vogliamo accontentarci di rimanere una sorta di soggetto regionale, incentrato principalmente sul potere economico e normativo, per il quale le questioni mondiali e il potere di coercizione ("hard power") sono troppo complicati, oppure riteniamo che ogni cosa abbia un prezzo, ossia che anche la passività si paghi cara?

 

"Dovremmo evitare la nostra solita tendenza a tenere un dibattito astratto, e per dirla tutta divisivo, sull'opportunità di rafforzare le capacità di sicurezza proprie dell'Europa o piuttosto di rafforzarle in seno alla NATO. È evidente che dobbiamo agire su entrambi i fronti."

 

Naturalmente sono anni che discutiamo di queste tematiche. Per questo motivo dovremmo evitare la nostra solita tendenza a tenere un dibattito astratto, e per dirla tutta divisivo, sull'opportunità di rafforzare le capacità di sicurezza proprie dell'Europa o piuttosto di rafforzarle in seno alla NATO. È evidente che dobbiamo agire su entrambi i fronti. Più l'UE diventerà forte, più forte sarà, a sua volta, la NATO.

In occasione del Consiglio europeo informale, i leader hanno convenuto sulla necessità di compiere progressi concreti nel rafforzare il ruolo globale dell'Europa. Gli orientamenti formulati riguardano i lavori in materia di sicurezza e difesa, le relazioni con gli Stati Uniti e la posizione strategica dell'UE nella regione indo-pacifica. Concretamente, vedo quattro linee d'azione principali.

  1. La prima priorità è sviluppare sia le nostre capacità che la nostra volontà di agire. A tal fine dobbiamo concentrarci su ciò che ci unisce e continuare a costruire la necessaria fiducia reciproca, senza limitarci ad agire a livello individuale o a piccoli gruppi. Alimentando una cultura strategica comune e un sentimento condiviso delle minacce da affrontare getteremo le fondamenta che ci permetteranno di raggiungere quest'obiettivo.È proprio questo il concetto alla base della "bussola strategica": definire un approccio strategico che guidi le nostre azioni negli ambiti della sicurezza e della difesa fino al 2030. Tale approccio indicherà una direzione chiara per lo sviluppo delle necessarie capacità di difesa e per colmare le lacune strategiche, indirizzando maggiormente l'attenzione e i risultati verso la lotta contro le minacce ibride e la tutela degli interessi dell'UE nel ciberspazio, nello spazio extra-atmosferico e in ambito marittimo; verranno inoltre proposti partenariati più ambiziosi in questi settori. I leader mi hanno incaricato di presentare un primo progetto di "bussola strategica" a novembre, per il quale ho richiesto un alto livello di ambizione. 
  2. Molti leader hanno giustamente sottolineato che il partenariato transatlantico è e rimane insostituibile. Dobbiamo rafforzare le relazioni transatlantiche facendole poggiare su basi più solide, che derivino da una "bussola strategica" ambiziosa e da una nuova dichiarazione congiunta UE-NATO prevista per i prossimi mesi. Tuttavia, come ripetutamente affermato negli ultimi anni e come dimostrato dai recenti sviluppi, tra cui il ritiro dall'Afghanistan e l'accordo AUKUS, gli amici americani si aspettano che gli europei si assumano maggiori responsabilità ai fini della sicurezza europea e mondiale. La settimana prossima mi recherò a Washington per proseguire il dialogo con il segretario di Stato Blinken e con altri interlocutori. È importante sottolineare che, con la nuova amministrazione statunitense, le discussioni hanno imboccato una strada diversa e molto costruttiva.Oltre alla necessità di sviluppare le nostre capacità e la nostra volontà di agire, i recenti sviluppi hanno acuito anche la necessità di seguire un approccio strategico coerente nei confronti della regione indo-pacifica, compreso il modo in cui ci relazioniamo con la Cina e sviluppiamo i rapporti con il resto di una regione che sarà protagonista degli eventi mondiali del XXI secolo.
  3. Per quanto riguarda la Cina, i leader hanno convenuto che dobbiamo rimanere saldi nel nostro approccio, basato sul trinomio "partner, concorrente, rivale". In termini pratici, spesso la sfida è rappresentata dalla triangolazione coerente di questi elementi. A mio avviso è chiaro che partire da una posizione forte e unita è il modo migliore per interagire con la Cina; dobbiamo incoraggiare il dialogo e la cooperazione in determinati settori, come quello della politica climatica. Dovremmo tuttavia anche essere pronti a reagire quando le decisioni cinesi sono in contrasto con le nostre posizioni, in particolare per quanto riguarda i diritti umani e le scelte geopolitiche. È questa la linea che ho sostenuto la settimana scorsa con il ministro degli Affari esteri Wang Yi nel corso del dialogo strategico UE-Cina.
  4. Al tempo stesso dobbiamo intensificare l'impegno nei confronti della regione indo-pacifica e la nostra interazione con essa sulla base della strategia di recente adozione. Ricordo che il 40 % degli scambi commerciali dell'UE passa attraverso il Mar Cinese meridionale e che la regione contribuisce per il 60 % alla crescita mondiale. L'UE è anche il principale investitore nella regione (e non la Cina, come molti credono); la posta in gioco e il contributo che possiamo dare sono quindi considerevoli. 

Le sfide della regione indo-pacifica e della crescente influenza cinese richiedono un maggiore coordinamento e una minore frammentazione. Lo scopo della nostra strategia indo-pacifica era segnalare la disponibilità a cooperare con la Cina ove opportuno, diversificare le relazioni (intensificando la collaborazione con Giappone, India, Corea del Sud, ASEAN e altri) e modernizzare la nostra posizione (andando oltre gli scambi commerciali per arrivare alla cooperazione in materia di sicurezza, compresa la proposta di una presenza marittima). La regione indo-pacifica è un teatro geostrategico di primo piano nel quale dobbiamo essere presenti.

Il dibattito sul ruolo globale dell'Europa ha raggiunto una fase critica; i tedeschi la definiscono Chefsache, ovvero una questione da affrontare a livello dei leader dell'UE, presidenti e primi ministri. Le grandi tendenze e le grandi decisioni ci impongono di agire; nei prossimi mesi abbiamo la possibilità di concretizzare in azione la consapevolezza che l'Europa non può permettersi di essere un semplice spettatore. Il mondo non ci aspetterà.

 

 

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