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Insieme per la sicurezza, la stabilità e lo sviluppo del Sahel

08/05/2020 - L'attenzione del mondo è legittimamente focalizzata sulla risposta globale alla crisi del coronavirus. Di dimensioni e intensità epocali, la Covid-19 non fa tuttavia scomparire le numerose altre sfide regionali e mondiali. Al contrario. Fragilizzando gli sforzi di stabilità e di sviluppo di taluni paesi, la Covid-19 agisce come fattore aggravante. Pertanto dobbiamo non solo mantenere la mobilitazione con i nostri partner, bensì rafforzarla.

 

L’instabilità e il terrorismo nel Sahel sono una diretta minaccia alla nostra sicurezza.

 

I cinque paesi del G5 Sahel - gruppo che comprende il Burkina Faso, la Mauritania, il Mali, il Niger e il Ciad, e la cui superficie equivale a quella dell'Europa occidentale - sono tra i paesi maggiormente a rischio. Interessati dagli effetti dei cambiamenti climatici, dall'insicurezza alimentare e da una debolezza delle strutture statali, questi paesi - che figurano tra i più poveri del mondo- affrontano molteplici crisi. Il terrorismo vi provoca effetti devastanti con attacchi che si moltiplicano in un clima di persistente indifferenza e che soltanto nel 2019 sono costati la vita a più di 4 000 persone ! In Burkina Faso sono presenti quasi 800 000 sfollati, ossia sette volte di più che nel febbraio 2019. Nel Sahel e in Africa occidentale sono 17 milioni le persone attualmente bisognose di aiuti alimentari, ossia il doppio dello scorso anno. Secondo le stime, l'effetto combinato dell'insicurezza e della Covid-19 potrebbe far precipitare 50 milioni di persone in una crisi alimentare e nutrizionale.

A numerosi cittadini europei il Sahel può sembrare lontano. Ma non è così: i paesi di questa vasta regione rappresentano il prolungamento della frontiera meridionale dell'UE che ha come vicini immediati il Marocco, l'Algeria e la Libia. La storia recente ci insegna che il terrorismo non conosce confini e che l'instabilità è un potente motore all'origine degli spostamenti di popolazioni e di ogni tipo di traffico. L’instabilità e il terrorismo nel Sahel minacciano quindi direttamente la nostra sicurezza. È dunque nostro dovere di solidarietà, ma anche nostro interesse, stare a fianco delle popolazioni e degli Stati del Sahel.

Una videoconferenza che riafferma il nostro impegno collettivo

La settimana scorsa, assieme al presidente del Consiglio europeo e alla presidente della Commissione europea, abbiamo tenuto una videoconferenza con i capi di Stato del G5 Sahel, il presidente della Commissione dell'Unione africana e la segretaria generale aggiunta delle Nazioni Unite. L'obiettivo era semplice: mantenere il Sahel al centro della nostra agenda e accelerare gli sforzi, da una parte e dall'altra.

Aiuti concreti e varo della Coalizione per il Sahel

La videoconferenza della scorsa settimana ci ha anche permesso di varare formalmente la Coalizione per il Sahel: il suo obiettivo è allargare tale coalizione ad altri partner internazionali, poiché il Sahel non può essere una questione riguardante esclusivamente l'Europa.

Abbiamo annunciato un sostegno supplementare di 194 milioni di EUR: 112 milioni di EUR per rafforzare le capacità delle forze di sicurezza interne dei paesi della regione e contribuire al ripristino della presenza dello Stato e della giustizia nelle zone più fragili, e 82 milioni di EUR per programmi di resilienza e di sviluppo. Questo nuovo contributo va ad aggiungersi ai 4,5 miliardi di EUR che l'Unione europea ha investito nella regione dal 2014.

Inoltre, per sostenere la lotta contro il coronavirus, abbiamo deciso di adattare i nostri programmi esistenti rifocalizzandoli sulla risposta di emergenza alla crisi sanitaria - in particolare mediante il rafforzamento dei sistemi sanitari, idrici e igienico-sanitari – ma anche per coprire le conseguenze economiche e sociali della crisi di Covid-19. Nel Sahel si stanno quindi riorientando quasi 450 449 milioni di EUR.

Parallelamente, appoggiamo la richiesta di moratoria sul servizio del debito rivolta dai nostri partner africani alle istituzioni finanziarie internazionali. Siamo disposti ad andare oltre e a riflettere con queste ultime riguardo alla cancellazione o alla ristrutturazione del debito che grava sui bilanci di tanti nostri partner.

Una componente "sicurezza" significativa

Sul piano della sicurezza, appoggiamo la forza congiunta al fine di coprire le spese di attrezzature, infrastrutture, consulenza e formazione. Inoltre l'UE sostiene il rafforzamento delle capacità dei paesi del G5 Sahel nei settori della sicurezza interna e della giustizia.

Dal 2012 schieriamo anche tre missioni di politica di sicurezza e di difesa comune. Concretamente ciò significa che nella regione sono schierati 900 esperti per contribuire a rafforzare le forze di difesa, la gendarmeria e la polizia mediante varie azioni: consulenza, formazione e sostegno alle attrezzature e alle infrastrutture.

Per fronteggiare meglio l'attuale situazione della sicurezza, abbiamo appena rafforzato e ampliato il mandato della nostra missione in Mali. La missione sarà ora in grado di agire al di fuori del Mali. Da un lato, la missione potrà ormai anche accompagnare l'esercito maliano nei suoi schieramenti sul campo, senza tuttavia partecipare alle operazioni di combattimento. Dall'altro, potrà formare altri contingenti nazionali della forza congiunta del G5 Sahel.

Accelerare gli sforzi

Bisogna ammettere che tutti questi sforzi, dalla portata senza precedenti, non sono coronati dal successo sperato. È giunto il momento di intensificare il nostro impegno. La responsabilità prima spetta ovviamente innanzitutto ai nostri partner saheliani. Ma non ce la faranno da soli, perché le sfide sono numerose e simultanee. Nel Sahel i governi investono fino a un terzo del loro bilancio in spese per la sicurezza. Tali sforzi non sono sostenibili nel lungo termine.

Nel Sahel come altrove non possiamo permetterci di mettere in quarantena i nostri sforzi.

 

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